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La legge 3/2012 sul sovraindebitamento consente non solo la riduzione del debito in base alle proprie disponibilità economiche, ma anche la dilazione in un tempo più ampio rispetto a quella concessa da Equitalia. In questo caso le persone fisiche e le famiglie possono risanare la propria condizione debitoria ricorrendo ad una sorta di “procedura fallimentare” che consente di trovare un accordo con i creditori dinanzi al giudice. In definitiva, il debitore potrà riacquistare un ruolo attivo nell’economia e il creditore, che diversamente correrebbe il rischio di perdere totalmente ogni possibilità di recupero, potrebbe vedersi pagata una parte del proprio credito.

L’accordo in questione può essere molto vantaggioso giacché è diretto a raggiungere un accordo a saldo e stralcio delle singole posizioni debitorie con società finanziarie, banche, Fisco e qualsiasi altro tipo di creditore.

Qualora vi siano le condizioni, vi sarà una riduzione dell’importo dovuto calcolato in base alle proprie capacità economiche.

Le procedure di composizione della crisi sono le seguenti.

Accordo con i creditori

Il debitore può proporre al creditore o ai creditori un accordo di ristrutturazione del debito. La proposta di accordo deve indicare l’elenco di tutti i creditori e relative somme dovute, l’elenco dei beni, gli eventuali atti di disposizioni effettuati negli ultimi cinque anni, le ultime tre dichiarazione dei redditi, l’elenco delle spese per il sostentamento del debitore e della sua famiglia (con indicazione del numero dei componenti), l’attestazione di fattibilità del piano rilasciata da un professionista (avvocato o commercialista). Se svolge attività di impresa, il debitore deve indicare anche le scritture contabili autentiche degli ultimi tre anni. La proposta di accordo deve essere depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore tramite gli appositi “Organismi di composizione della crisi”.

Se la proposta è completa di tutti i requisiti e ammissibile, il giudice fissa un’apposita udienza, alla quale, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che per non oltre 120 giorni non possano essere esperiti da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, nei confronti del debitore, a pena di nullità: azioni esecutive individuali, sequestri conservativi, acquisizione di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. Tale sospensione non opera nei confronti dei creditori titolari di   crediti impignorabili; durante tale periodo inoltre le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano.

Dopo che tutti i creditori sono stati informati dall’Organismo del contenuto della proposta, l’accordo si ritiene raggiunto quando essi fanno pervenire al medesimo organismo di composizione della crisi la dichiarazione scritta del proprio consenso alla proposta, con eventuali modifiche.

L’accordo si ritiene raggiunto quando si ottiene il consenso del 60% dei crediti. Nel caso in cui i creditori non comunichino espressamente il proprio consenso entro i 10 giorni precedenti all’udienza si applica la regola del silenzio assenso ai fini del calcolo della percentuale.

Piano del consumatore

La seconda alternativa è detta “piano del consumatore”: a differenza di quanto accade nell’accordo con i creditori, non è richiesto il consenso del creditore. Il debitore si fa autorizzare direttamente dal giudice, il quale, se ritiene che il programma di pagamento sia soddisfacente e commisurato alle effettive possibilità del debitore, lo autorizza, decurtando la residua parte della passività. È in ogni caso ammessa la contestazione dei creditori sulla convenienza del piano. Il piano del consumatore può rappresentare la scelta più vantaggiosa anche se l’accoglimento della proposta è rimesso interamente alla discrezionalità del giudice.

Per tale motivo vi è l’obbligo specifico di redazione, a cura dell’Organismo di composizione, di una relazione particolareggiata, da allegare al piano e contenente, nella quale vengono evidenziate le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni, l’esposizione delle ragioni dell’incapacità di adempimento da parte del consumatore, il resoconto della solvibilità del consumatore negli ultimi 5 anni, l’indicazione degli eventuali atti del debitore impugnati dai creditori e, infine, la probabile convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.

Poiché la proposta del piano non sarà portata all’esame dei creditori, il Tribunale non solo dovrà verificare la fattibilità dello stesso, ma anche valutare la meritevolezza del consumatore e l’assenza di colpa nell’assunzione di obbligazioni eccessive rispetto alla sua capacità di rimborso. Per tali motivi il debitore dovrà presentare una lista di beni da vendere con il cui ricavato verranno estinti i debiti secondo un piano di rientro.

Per accedere al piano del consumatore il debitore dovrà versare in una situazione di sovraindebitamento, deve rientrare nelle categorie escluse dalle procedure concorsuali previste nella legge fallimentare (ossia consumatori, artigiani, professionisti, ecc.), non deve non aver usufruito di tale stessa procedura nei 5 anni precedenti, non deve aver subito la risoluzione, revoca o cessazione degli effetti del piano del consumatore e, infine, deve essere in possesso di documentazione che consente di ricostruire compiutamente la propria situazione economica e patrimoniale.

Liquidazione del patrimonio

Quando non è possibile agire attraverso il piano del consumatore, che permette una certa libertà di scelta sui beni vendere, vi è l’alternativa della liquidazione del patrimonio cioè della vendita di tutti i propri beni (ad eccezione di alcuni impignorabili) per avere l’esdebitazione. Si può accedere a questa procedura anche se si è soggetti a procedura concorsuali diverse o se si è già fatto ricorso nei precedenti cinque anni al piano del consumatore o all’accordo con i creditori (condizioni che invece non permettono di accedere alle altre due procedure).

Con la liquidazione si determina lo spossessamento dei beni del debitore e si dà luogo all’accertamento del passivo tramite deposito di istanze di insinuazione dei creditori. Il progetto di stato passivo va poi comunicato dal liquidatore ai creditori interessati che hanno quindici giorni per presentare eventuali osservazioni. Il liquidatore, entro 30 giorni dalla formazione dell’inventario, deve inoltre redigere un programma di liquidazione da offrire in comunicazione al debitore e ai creditori e da depositare presso la cancelleria del Tribunale. Ha poi il potere di vendere i beni e di compiere gli altri atti necessari per la liquidazione del patrimonio del debitore. Terminata la liquidazione dei beni procede quindi al riparto finale del ricavato tra tutti i creditori; vanno però prioritariamente pagati i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o del procedimento di composizione delle crisi.

Quanto ottenuto dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e di ipoteca è però destinato ai creditori garantiti.